Nel precedente approfondimento ci siamo focalizzati sugli studi e le opinioni degli esperti riguardanti le diverse possibili correlazioni tra Covid-19 e l’impatto dell’uomo sull’ambiente.

Oggi continuano ad emergere studi che concordano nell’individuare un legame tra inquinamento dell’aria e mortalità da Covid-19. Per approfondire ulteriormente l’analisi, è sorta la RESCOP (acronimo per “Gruppo di ricerca sul Covid-19 e il particolato”), task force internazionale costituita su proposta della SIMA (“Società Italiana di Medicina Ambientale”). Composta da clinici, epidemiologi, infettivologi, virologi, genetisti, chimici dell’ambiente, biochimici, tossicologi, ingegneri ambientali, modellisti e statistici, la RESCOP è già al lavoro per far emergere evidenze scientifiche utili per la ripartenza o, worst case, per la lotta contro una nuova ondata. La SIMA fa sapere che, oltre a Milano, Bergamo e Napoli, sono già in corso test indipendenti a Madrid, Barcellona, Bruxelles, Londra e New York; il team verificherà la presenza del virus nel particolato dell’aria e potrà anche eseguire possibili prove di vitalità e virulenza da svolgersi in laboratori di massima sicurezza.

Purtroppo non è una novità che l’inquinamento dell’aria abbia causato, nel tempo, un drastico peggioramento della qualità della vita delle persone. A livello mondiale, studi di settore hanno evidenziato che l’inquinamento dell’aria ha causato, nel 2015, 8,8 milioni di morti premature (corrispondenti ad una riduzione media dell’aspettativa di vita di 2,9 anni per persona).

La pandemia di Covid-19 ha significativamente diminuito i livelli della produzione industriale, dei trasporti e del consumo energetico, portando ad una riduzione evidente delle emissioni globali di CO2 (determinando un netto e, peraltro, visibile miglioramento della qualità dell’aria). L’incredibile riduzione di emissioni a cui abbiamo assistito però non rispecchia un cambio strutturale del modello di produzione e di consumo umano, bensì uno stop meramente temporaneo. Il rischio è che la ripresa economica abbia la precedenza su processi come la decarbonizzazione, riportando l’inquinamento agli stessi livelli del recente passato (o peggio…).

Un interessante rapporto del dicembre 2018 ha esaminato gli eventi meteorologici estremi, soffermandosi sui danni da loro provocati, ma soprattutto sul legame con i cambiamenti climatici e l’impatto dell’uomo sull’ambiente negli ultimi anni. Come sempre, l’uomo è fortemente responsabile per il deterioramento della salute del pianeta e per tutta quella serie di conseguenze (come, in questo caso, il diffondersi delle epidemie) che non solo colpiscono i Paesi più sviluppati o emergenti (dove le emissioni inquinanti raggiungono spesso livelli preoccupanti), ma anche quella fascia di Paesi più poveri e lontani (di cui spesso poco si parla), abitati da popolazioni che, a causa dei cambiamenti climatici ora in atto (tempeste, alluvioni, inondazioni, siccità e uragani), sono costrette ad abbandonare le proprie abitazioni e i propri villaggi.

Urge trovare nuove strategie di sviluppo e consumo, nuove modalità di crescita: il crowdfunding energetico si rivela, in questo senso, uno strumento aggiuntivo a  a favore della transizione energetica e per mitigare i cambiamenti climatici. Progetti come WE(Y), Green Arms e RE(Y) VENEZIA mostrano come chiunque di noi possa rivestire un ruolo da protagonista nella lotta al cambiamento climatico per regalare un futuro sostenibile al Pianeta e ai suoi abitanti.

9/07/2020

  
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